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uovo

A proposito di uova e di galline

La performance in tempi di crisi

“L’Italia tornerà a crescere nel 2013”. Lo ha recentemente affermato Mario Monti, ma a nutrire qualche dubbio non sono solo gli scettici di professione. E non solo a causa dell’incertezza che suscitano le incombenti elezioni. Il Fondo Monetario Internazionale ha peraltro già da tempo ipotizzato che il rischio di recessione nel 2013 rimarrà elevato. Insomma, anche chi vede una pur fioca luce alla fine del tunnel di questa perdurante crisi, innegabilmente strutturale, non può ragionevolmente ipotizzare una repentina svolta.

Con questo scenario, molti imprenditori e manager non modificheranno nel prossimo futuro le loro modalità di conduzione e guida delle aziende: volante sempre ben saldo nelle mani per mantenere l’auto in carreggiata, senza aver però necessariamente definito la meta da raggiungere. Nella maggior parte dei casi l’obiettivo continuerà ad essere il risultato di breve periodo. In attesa di tempi migliori.

Quello che hanno fatto negli ultimi anni i manager di ogni ordine e grado (e molti per la verità anche negli anni di vacche grasse), è stato cercare di orientare i propri collaboratori su obiettivi di brevissimo termine, spesso trascurando tutto ciò che rientra nell’orizzonte del medio e lungo periodo. Con risultati spesso poco lusinghieri.

Ma perché questa forma di orientamento sul breve spesso non funziona?

Prima di cercare una risposta proviamo a fare qualche riflessione. Concordiamo che il compito chiave di chiunque gestisca collaboratori è quello di motivare le persone a migliorare le loro performance? Bene, se è così, nel farlo il manager deve saper abilmente gestire la pressione che esercita sul collaboratore, tenendo conto del suo profilo psicologico. Solitamente il manager “motiva” il collaboratore facendo uso di obiettivi, che spesso sono al centro di sistemi di Performance Management: in realtà questo non è altro che un modo sistematico per mantenere la necessaria pressione sul collaboratore. Ma la pressione non termina qui: non è solo il manager a porre pressione sul collaboratore, ci sono anche i colleghi, soprattutto in organizzazioni dove si privilegia il lavoro in team. E sappiamo quanto la “pressione dei pari grado” possa avere una significativa influenza sul comportamento del singolo.

Come se non bastasse, è il collaboratore, almeno quello mosso da un po’ di sana ambizione, ad aggiungere pressione su se stesso, animato dai propri obiettivi, desideri, sogni. Non a caso una delle più efficaci definizioni di motivazione è “capacità di apprendere e crescere in modo positivo, rivolta al raggiungimento di obiettivi personali”.

Questi molteplici tipi di pressione, che causano nella maggior parte dei casi livelli elevati di distress (stress di segno negativo), possono essere positivamente gestiti lavorando solo sul breve, a volte brevissimo, periodo?

Daniel Pink, uno degli emergenti “management thinkers”, autore di “Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us” afferma che il segreto di un’elevata performance, in senso generale, è il profondo bisogno dell’essere umano di creare cose nuove, di essere padrone della propria vita e di riuscire a trarre il meglio da se stesso. A questo proposito evidenzia i tre elementi di quella che chiama la “vera motivazione”: autonomy, mastery, and purpose. Maslow, Herzberg & Co. rivisti e abilmente rinverditi, qualcuno potrebbe obiettare, ma tant’è.  A Pink possiamo riconoscere di aver abilmente riportato alla nostra attenzione quanto queste verità non corrispondano alle più diffuse pratiche manageriali.

Nella maggior parte delle aziende il “senso dello scopo”, il poter sognare nuovi orizzonti, il sapersi proiettare nel futuro sono aspetti distanti dalla realtà quotidiana, e possiamo quindi ipotizzare un collegamento con i bassi livelli di performance.

Le persone sono motivate a dare il meglio di se stesse quando hanno il controllo di ciò che stanno facendo (spesso quello che avviene è invece che le persone siano eccessivamente “caricate” di obiettivi, senza però capire quali sono le priorità), quando si possono concentrare sul tentativo di far meglio le cose che contano veramente e soprattutto … quando hanno la consapevolezza di poter dare un significativo contributo a cose più grandi di loro.

Il fatto che occorra creare un grande, forte e condiviso senso dello scopo non significa buttare a mare i singoli obiettivi, a volte di breve, brevissimo periodo, ma creare un link tra questi ed una visione di più ampio respiro. Occorre che il manager sappia e voglia inserire gli obiettivi in un contesto che li renda pieni di significato e che si applichino ad una prospettiva di medio-lungo periodo, un po’ più lunga non solo del mese ma anche del quarter o dell’anno fiscale!

Cosa fare quindi? Quali indicazioni trarre?

Oltre ad inserire il sistema-obiettivi in un contesto sfidante, in una prospettiva di lungo periodo (che, crisi o no, un’azienda deve comunque sforzarsi di avere), occorre creare un bilanciamento tra obiettivi di breve e di medio-lungo periodo. Compito del management è quello di creare un setting che aiuti e faciliti l’automotivazione, che è la “vera” motivazione, in quanto guidata dai desideri più intimi.

Dato però che l’attuale situazione non sembra volgere al meglio, nonostante Monti affermi che “la ripresa è dentro di noi” (sperando che per ripresa non intenda, usando un lessico sportivo, il “secondo tempo” della crisi, ovvero altri tre anni di lacrime e sangue), non si può distogliere il focus da obiettivi e risultati di breve periodo. Facciamolo però sforzandoci di dare loro una “reason why”, aiutando i collaboratori ad ampliare la loro visione, trovando chiavi di accesso “personalizzate”.

Ma allora, “è meglio un uovo oggi o la gallina domani?”
Diciamo che non ci si può permettere di rinunciare all’idea di poter avere la gallina domani ma, per sopravvivere, l’ovetto quotidiano è indispensabile…

Ogni piccola azione quotidiana deve avere un senso. Ogni obiettivo, per poter essere raggiunto, deve essere percepito come un contributo per qualcosa di più grande. Come diceva Saint Exupery nel Piccolo Principe, “… se desideri costruire uno splendido vascello non chiedere ai tuoi compagni di raccogliere e riunire pezzi di legno, ma trasmetti loro l’amore e la nostalgia per il mare infinito...”

Andrea Bertinotti

Piero Villa

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